Lo spot pubblicitario più incisivo è quello che mira ai nostri sentimenti, lo so e non mi lascio influenzare, ma quando sento nominare un prodotto sardo immediatamente associo immagini di figure e paesaggi che mi sono cari.
Tutte le nostalgie, soprattutto quelle dei sapori, secondo me sono strettamente incatenati ai luoghi a cui appartengono. Il cibo territoriale non nasce a caso, si lega a tanti fattori che per questo lo rendono tipico e se non ne conosci il vero sapore non potrai riprodurlo nel modo migliore 😉
Questo è un invito a viaggiare in altre terre e nel cibo che esse offrono.
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Io vivo di accenti, di presentimenti
Profumi che sento nell’aria
E vivo di slanci, di moti profondi
Fugaci momenti di gloria
E nel silenzio del mondo
Io sento echi di infinito
……. (echi d’infinito A.Ruggeri)
e voi di cosa vivete?
malloreddus
In Sardegna il piatto tradizionale più famoso è costituito dai Malloreddus con il sugo di salsiccia, nelle occasioni più importanti, nelle feste patronali e nelle sagre è sempre presente.
Questa pasta di semola di grano duro prende il nome dal diminutivo di toro in campidanese: “malloru” e “malloreddu” è il vitellino. L’usanza antica della lavorazione manuale dei malloreddus, la cui forma caratteristica è data dallo schiacciamento dei sottili listelli di pasta contro un setaccio in paglia: il “ciuliri”. La rigatura e la forma leggermente panciuta e arrotolata ricorda i piccoli vitelli. L’impasto dei malloreddus si può realizzare a mano o nella planetaria con l’arnese a gancio, altre varianti sono con l’aggiunta di zafferano nell’impasto, pomodoro o verdure, l’importante è usare una semola di qualità.
500gr di semola rimacinata Senatore Cappelli
250gr di acqua tiepida a 25°C
8 – 10 gr di sale
due bustine di zafferano
semola rimacinata per la preparazione
vassoio
un telo di cotone
tavoletta rigagnocco o ciuliri
- sciolgo il sale in 200gr di acqua, nei 50gr rimasti sciolgo lo zafferano
- verso la semola nel boccale della planetaria e avvio alla velocità minima, aggiungo a piccole dosi l’acqua con lo zafferano e poi quella con il sale
- lascio impastare cinque minuti per ottenere una massa compatta, poi proseguo la lavorazione a mano per rendere liscio l’impasto
- avvolgo con pellicola alimentare e lascio a riposo per trenta minuti
- riprendo la pasta e la lavoro per qualche minuto, spolverizzo il ripiano con pochissima semola
- inizio a stendere piccole quantità per volta di impasto, senza esagerare con l’aggiunta di semola, riavvolgo nella pellicola il resto della massa per non farla asciugare
- ricavo un cilindro che abbia la circonferenza di 5 millimetri e taglio a piccoli pezzi da 1,5 centimetri. Ti consiglio di fare una prova per trovare la misura che preferisci, più piccola sarà più il malloreddu avrà una forma lunga e sottile
- verso abbondante semola sul ripiano e un poco sul rigagnocco che posiziono con il manico verso di me; con il pollice premo leggermente facendo scorrere la pasta dal manico verso la fine, lungo la verticale del rigagnocco
- lascio cadere lo gnocco sulla semola, quando ho terminato rigiro la pasta con le mani per farla impregnare di semola che aiuterà l’essicazione, scuoto dall’eccesso e ripongo la pasta (senza mai sovrapporla) sul vassoio ricoperto dal telo di cotone
- terminato l’impasto lascio asciugare almeno per due ore prima di cuocerli;
- per conservarli: li lascio asciugare in un ambiente privo di umidità oppure accendo il forno e lo porto a 150°, raggiunta la temperatura inserisco una teglia con i malloreddus, socchiudo lo sportello del forno e lascio asciugare per dieci minuti poi spengo il forno e aspetto che si raffreddino completamente.
Puoi condire i malloredus con una buona salsa di pomodoro o ragù e pecorinorigorosamente Sardo a volontà.